martedì 10 marzo 2015

Cover e dintorni

Nella terminologia della musica leggera (principalmente pop e rock), una cover è la reinterpretazione o il rifacimento di un brano musicale - da altri interpretato e pubblicato in precedenza - da parte di qualcuno che non ne è l'interprete originale.
In altri ambiti musicali (nella musica classica, ad esempio) l'esecuzione di una stessa composizione da parte di interpreti diversi è la regola, quindi non esiste un termine corrispondente.
Nel jazz si definisce standard il tema di una canzone nota, che i musicisti usano come base per variazioni e improvvisazioni: queste, tuttavia, non sono semplici interpretazioni o arrangiamenti della canzone originale, quindi non sono assimilabili a "cover".
Premesso che personalmente per “cover” intendo la reinterpretazione (e non la più o meno fedele riproduzione) di un pezzo altrui, scovarne nel repertorio zappiano non è un'impresa facile.
Non perchè lo stesso abbia disdegnato di reinterpretare e sicuramente omaggiare brani altrui, ma visto lo sconfinato repertorio a nome Zappa.......è stato un po' come cercare il classico ago nel pagliao.
Comunque, complice un' approfondita ricerca in rete e parzialmente la mia memoria, ho fatto un elenco di pezzi di cui voglio proporre l'ascolto con il raffronto con l'originale e commento annesso.

Cominciamo con la “ballad per eccellenza”

Stairway to Heaven - Led Zeppelin

Difficile riassumere l’importanza di questo brano. Per dare un’idea di quanto amore abbia seminato, basti dire che è la più famosa rock song di tutti i tempi pur senza essere mai stato pubblicata come singolo. Punto. Altro paradosso: è il brano più rappresentativo dei Led Zeppelin pur costituendone un’anomalia, perché è l’unica ballata pura della band, al punto che l’accoglienza ai primi concerti era stata molto fredda – la prima volta in assoluto fu il 5 marzo 1971 a Belfast.
Grazie anche a Stairway to Heaven, pubblicata nel 1971 in «Led Zeppelin IV», il gruppo di Page e Plant ha superato i trecento milioni di dischi venduti nel mondo. Solo lo spartito ha venduto un milione e duecentomila copie.
Il primo riferimento conosciuto di una «scalinata verso il paradiso» si trova nella Bibbia nel libro della Genesi, versetto 28:12, quando in sogno a Giacobbe vengono ribadite le promesse fatte ad Abramo. Ma la ricerca spirituale di Robert Plant, autore del testo, aveva poco a che fare con il cristianesimo. Aveva da poco terminato di leggere Magic Arts in Celtic Britain di Lewis Spence, esperto di occulto scozzese. Proprio l’interesse di Plant verso la magia e l’amore di Page per Aleister Crowley, padre del satanismo, svilupparono l’assurda teoria che una strofa di Stairway to Heaven ascoltata al contrario contenga un inno al demonio, tesi sempre smentita dagli Zeppelin.
Questa è la strofa incriminata: «Se c’è trambusto nella tua siepe non ti allarmare, è solo la pulizia di primavera per la festa di Maggio / Sì, ci sono due strade che puoi percorrere, ma a lungo andare c’è sempre tempo per cambiare strada...». Ascoltata al contrario, si dovrebbero percepire queste parole: «O, questo è per il mio dolce Satana, colui il cui piccolo sentiero mi renderà triste, con i suoi poteri è Satana. Lui ti ucciderà con il suo 666 e in un capanno degli attrezzi ci farà soffrire, triste Satana».
Il brano è così fortemente legato alla voce di Plant che, quando gli Zeppelin si sciolsero, Jimmy Page non permise mai a nessun altro cantante di un suo gruppo di eseguirla: in alcune occasioni si limitava a una versione strumentale.
Fu scritta davanti al camino di una villa chiamata Headley Grange, senza elettricità ma con una grande acustica. Plant ha più volte dichiarato di avere l’impressione che qualcuno stesse muovendo la matita al posto suo. Forse è questa la ragione per cui alcuni passaggi non sono chiari nemmeno a lui.
(tratto da "  Massimo Cotto - We will rock you: Segreti e bugie - 709 canzoni come non le avete mai sentite - Edizioni Rizzoli")


Bene.
Dato a Cesare quel che è di Cesare andiamo a vedere cosa pensò di fare il Nostro amato baffo.
Inanzitutto, come buona abitudine allo stravolgimento delle cose, la versione Zappiana è un'ironica reinterpretazione free reggae con cambi di tempo ed imprevedibili schitarrate fino al famoso cambio centrale.
Fino a qui, tutto sommato, le due versioni si somigliano abbastanza, ma già si nota che l'intento artistico di rivisitare il pezzo, arricchendolo di nuovi inaspettati elementi.
Dopo il cambio, accade il miracolo.
Il fraseggio di chitarra introduce un'accelerazione improvvisa e le trombe prendono il sopravvento. Sono loro? Sì! è proprio la sezione di fiati!
Gli ottoni suonano esattamente quel solo di chitarra senza un' errore e anche la frasetta velocissima viene interpretata magnificamente!
Ed a quel punto spunta la chitarra di Frank, trionfante, che riempie proprio su quella parte che, per mancanza di organico, Jimmy Page non ha mai potuto eseguire dal vivo.
Il vecchio Frank le aveva proprio pensate tutte.
Quando pensiamo sia tutto finito, la canzone accelera di nuovo, prende la voce il buon Bobby Martin con un groove demoniaco e canta il ritornello finale come Plant non è mai riuscito in vita sua.
Il cambio che ne segue è prog puro, con la batteria che suona forsennata seguendo i cambi della chitarra, fino alla grande frase finale “Annnnd She's Buuying a...Staaaairwaaaay...to Heaveeeeeen”, armonizzata con un coro degno dei migliori Crosby Stills Nash & Young.

Che dire..................non voglio certo sostenere che la reinterpretazione sia meglio dell'originale ma secondo il mio modestissimo parere la esalta ancor di più. 
Comunque se ne avete voglia ascoltate e commentate. 


Qui trovate la versione di Zappa

 Download : Stairway to heaven - Frank Zappa







             


 Qui la versione originale Led Zeppelin                                 

mercoledì 18 febbraio 2015

Buon compleanno

Esattamente un anno fa pubblicavo il mio primo post.

Ad oggi il blog ha avuto  circa 2700 visualizzazioni

Sono soddisfatto e intendo proseguire

Avrei voluto pubblicare un nuovo post ma non ci sono riuscito un pò per pigrizia e un pò la mancanza della famosa "memoria storica"

Comunque.......................

lunedì 5 gennaio 2015

My name is Bobby Brown



              Avevo scoperto l'esistenza di Frank Zappa sulle pagine del solito Ciao 2001 e spinto dalla curiosità iniziai il viaggio nel suo mondo acquistando usato (ma originale) “Freak Out” e di seguito   registrando tutto quanto riuscivo a reperire da amici e conoscenti più dotati economicamente di me da potersi permettere l'acquisto di Lp che io dovevo centellinare come fossero vini d'annata
Purtroppo non ero ancora riuscito ad andare a vedere live il mio nuovo mito in quanto a seguito delle contestazioni per la “musica Gratis” tutti, o quasi, gli artisti stranieri in quegli anni non fecero più tour in italia.
Comunque si presenta l'occasione per coronare il mio “piccolo sogno” quando alcuni amici di ritorno da Amsterdam vedono in Francia i manifesti per un concerto dello “Zio”
Appena rientrati in Italia me lo comunicano e organizziamo il nostro “Tour”
Il concerto si sarebbe tenuto ad Orange, cittadina vicino ad Avignone.
Il mattino del giorno fatidico (20 giugno 1980) ci si vede al solito bar e si parte.
Orange dista circa 350 Km dal nostro paesello e ci si appresta a partire con ben tre equipaggi su roboanti mezzi: una Fiat 127 del 1971 (la mia), un Citroen Dyane 6 e una Vespa Primavera 125.
In tutto 10 appassionati che volendo potevano stare tutti sulle auto (anche se un po' stretti e scomodi) ma, dissero Gino e Gabriele “vuoi mettere venire fino a laggiù in Vespa?”
De gustibus non est disputandum” e si parte.
Fiat 127 da me guidata con a bordo Vito, Nello e Gianfranco oltre a tenda, sacchi a pelo, due taniche di vino bianco (ci venisse sete durante il viaggio)
Diane 6 condotta da Franco accompagnato da Aldo, Pasquale e Gianfranco 2, oltre alla dotazione di cui sopra ad esclusione del vino che era nostro appannaggio gestire ma dotati di cibarie tipiche del nostro territorio (torta verde, sardenaira e altro).
Come detto prima Gino e Gabriele in Vespa.
L'idea di prendere l'autostrada non ci sfiora neppure sia perchè in Vespa non era possibile accedervi sia per il costo della stessa al di fuori del nostro budget.
 
Lungo le strade statali francesi attraversando cittadine, borghi e quant'altro ci avviciniamo lentamente alla meta. 
Ad ogni semaforo il “vivandiere” Vito si preoccupava di rifornire di vino i nostri a bordo della Vespa e della Dyane saltando agilmente fuori dalla 127 e rientrando sulla stessa prontamente appena scattato il verde.   A volte il tempo d'attesa era tirannicamente troppo poco ed il nostro “oste” saliva in ogni caso prontamente sulla Dyane (in braccio ad Aldo seduto davanti) pronto a rientrare alla base alla fermata successiva.
La temperatura esterna era abbastanza elevata per cui ci rinfrescavamo con una doccia improvvisata nei giardini dei nostri cugini d' oltralpe dotati di impianto di irrigazione scavalcando siepi e/o muretti sia per entrare sui praticelli che e soprattutto per uscirne (scappare a gambe levate dalle minacce incazzate dei proprietari)


Finalmente arriviamo alla meta.
 
 

Primo obiettivo individuare il teatro dove si sarebbe svolto il concerto, secondo acquistare i biglietti





 

Detto fatto bivacchiamo davanti al teatro in attesa dell'orario di apertura dei cancelli.
Aldo, complice il vino ed altro, improvvisa una sorta di spettacolo di strada con gag, risate roboanti, ammiccamenti alle ragazze che passavano e distribuzione del vino rimasto agli astanti in attesa come noi.
 



Nel frattempo arrivano anche i “vespisti”, il gruppo si riunisce, si aprono i cancelli, entriamo e …...............sorpresa.............................. il teatro è uno dei teatri romani meglio conservati al mondo con posti a sedere formati da una scalinata ad arco dove su ogni fila di posti ci si può addirittura sdraiare!!!!!!!!!!!

Impianto di amplificazione con casse foderate in velluto rosso (lo “Zio” in tour non badava a spese!!!!) e musica classica in sottofondo.
Finalmente inizia il concerto con l'ingresso della band composta da :

 
Ike Willis, chitarra e voce
Ray White, chitarra e voce
Arthur Barrow, basso e voce
David Logeman, drums e voce
Tommy Mars. Tastiere e voce




Infine entra il Maestro accompagnato da un nero pelato, altissimo, con addosso un kimono che si piazzò sul palco e che con un piccolo puntatore tipo laser si spostava sui due lati dell’amplificazione e indicava a un paio di aiutanti nella platea i furbacchioni che stavano registrando, inviandoli a sequestrare il materiale. Il personaggio scoprii essere tal John Smothers, da Baltimora, guardia del corpo di Frank e maestro nel sequestro di macchine fotografiche e materiale registrato oltre che fustigatore (aveva veramente un frustino) di chi tentava di salire o avvicinarsi troppo al palco.

Concerto memorabile anche per il fatto che vicino a me si era seduto Vito che avendo vissuto per anni in America mi traduceva in tempo reale quanto veniva detto tra un pezzo e l' altro consentendomi di apprezzare ancora di più quanto stavamo ascoltando. Che dire poi quando la band propone uno stralcio della Marsigliese rielaborata tipicamente nel suo stile dirigendo con una baguette (quel tipo di pane che i francesi acquistano e poi portano a casa bellamente sotto le ascelle e senza sacchetto di carta!!!!!!!!!!!!!!)
Un susseguirsi di pezzi inanellati uno dietro l'altro con la solita maestria e poi purtroppo il tutto finisce.


Usciamo e cerchiamo un posto dove accamparci per la notte. Individuato un centro sportivo con prato annesso montiamo le tende e ci apprestiamo (non senza esserci persi in commenti entusiastici dell'esperienza appena vissuta) a dormire.
Ciliegina sulla torta arrivano due agenti della Gendarmerie. Primo nostro pensiero "adesso ci fanno il c........)
Invece l'istrionico Aldo, con un francese da far impallidire una vacca svizzera e con l'aiuto di un buon bicchiere di vino li convince a farci restare con l'impegno di lasciare tutto a posto e pulito. Affare fatto! 

Al mattino si torna a casa 

Tappa obbligata : bagno a Saint Tropez, chissà come mai!!!!!!!! 



Dopo aver sbagliato strada più volte a Nizza riusciamo finalmente a ritornare al paesello.

Pur essendo passati quasi trentacinque anni ogni volta che ci reincontriamo con i partecipanti alla spedizione rinverdiamo il ricordo di quelle splendide giornate. 

Voglio dedicare quanto scritto a Vito e Gino che  purtroppo nel corso degli anni ci hanno lasciato e spero e voglio credere che adesso stiano facendo bisboccia in qualche luogo con Zio Frank e tutti gli altri componenti della famiglia dei musicisti rock.

Qui sotto trovate il link per scaricare la registrazione di quel concerto la cui qualità non è eccelsa ma storica e ringrazio comunque chi lo ha messo a disposizione sul Web  considerando anche il rischio corso dal "farsi beccare " dal fustigatore nero.

Frank Zappa - Orange 20 giugno 1980 
Set List:
1 City of Tiny Lights 00:51
2 A Pound for a Brown (incl. La Marseillaise), 11:38
3 Cosmik Debris 04:18
4 You Didn't Try to Call Me 03:45
5 Ain't Got No Heart 02:05
6 Love of My Life 01:58
7 You Are What You Is 03:26
8 Easy Meat 11:35
9 Mudd Club 04:02
10 The Meek Shall Inherit Nothing 02:13
11 Joe's Garage 02:29
12 Why Does it Hurt When I Pee? 03:37
13 Dancin' Fool 03:21
14 Bobby Brown 02:43
15 Ms. Pinky 03:57 128
16 Stick It Out
17 Drafted Again 03:26
18 The Illinois Enema Bandit 09:24

mercoledì 17 dicembre 2014

Let' s move to Cleveland

Una cosa veloce ma interessante: Stefano Bollani

Sostiene Bollani è il suo primo programma televisivo, completamente dedicato alla musica, andato in onda su RAI 3 a settembre e ottobre 2011 ed ha celebrato la prima giornata internazionale del jazz indetta dal Unesco con una puntata speciale il 30 aprile 2012.

Durante tale trasmissione il nostro ha pensato bene di dimostrare come si possa utilizzare la musica di Zappa (di cui tra l'altro è grande estimatore e conoscitore) per divertire e divertirsi.
Guardate cosa ha pensato di fare in questo  video con  quattro amici: Francesco Grillo, Lorenzo Hengeller, Dado Moroni e Antonello Salis, ci dimostrano il leggendario antagonismo tra pianisti sulle note di  Let's move to Cleveland di Frank Zappa.



Stefano Bollani - 10 mani per F.Z. - Video

Avviso ai naviganti

ciao a tutti

mi sono accorto che i link per scaricare la musica che propongo sono scaduti in quanto su Zippyshare dopo un periodo di inutilizzo (se non si scaricano per trenta giorni) i file vengono cancellati.

 

 

Sto ricaricando i file (lavoro infame) con altri link.

Ho visto con molto piacere che le visualizzazioni dei post sono quasi duemila.

Sorge spontanea una domanda: "possibile che nessuno abbia voglia di commentare o dire qualcosa sia esso negativo o positivo????????" 

 

 

Come già scritto da me e tanti altri blogger i commenti sono la linfa vitale per il proseguimento di un blog e per dare la spinta a "mettere nero su bianco" pensieri, opinioni e quant'altro.

 

Senza polemiche e con l'intenzione, tempo e idee permettendo, di continuare a pubblicare post.

Ciao a tutti e ancora grazie a tutti i visitatori

 





martedì 4 novembre 2014

" Dormono sulla Colllina "

Per rimanere nell'ambito della “ memoria storica” voglio oggi attirare l'attenzione su un libro uscito da un paio di mesi che forse meglio di qualunque saggio o “pizza” ci racconta gli anni della storia italiana dal 1969 ad oggi.
Si tratta di “Dormono sulla Collina” di Giacomo Di Girolamo
Lo consiglio vivamente – Per stimolare la curiosità di seguito la prefazione a cura di Andrea Gentile e il primo brano del libro.

State attenti all’Italia: è una forma pericolosa.
A dare il titolo a questa opera, Dormono sulla collina, è un verso del poeta Edgar Lee Masters, ripreso e tradotto e cantato da Fabrizio De André.

Fabrizio De Andrè - La Collina

Non è in questo modo però che vanno le cose.
L’Italia, che sembra importare tutto, è un potente immaginario che crea da sé eventi di portata mondiale, figure universali e figurine adesive, esplorazioni e scoperte. C’è un modo di sopravvivere tutto italiano, il che significa che l’Italia dispone di una difesa tutta sua contro la morte. Se, saltando oltre 1250 pagine, andate a vedere come finisce questa storia, scoprirete di quale difesa si tratta: è il rudere, l’anima che si fa fossile, una commistione che rappresenta la memoria e il superamento dell’oblio.
È certamente la Spoon River italiana, quella allestita da Giacomo Di Girolamo. Di Girolamo, già autore dell’Invisibile (Editori Riuniti) e di Cosa Grigia (pubblicato per questa casa editrice), si configura qui, a tutti gli effetti, come uno scrittore per eccellenza. È egli autore che percorre i sentieri della scrittura come immersione; scrittore che esonda, quando la corrente è lieve; che carezza, quando ci sarebbe da sferrare un pugno. La tragedia, la commedia, persino la comicità; emergono qui relitti di ogni fenomeno linguistico, che non può che essere fenomeno umano.
Qui Giacomo Di Girolamo si configura come autore enciclopedico, anche. La sua è una forma deviata e poetica dell’enciclopedia delle enciclopedie, cioè quella dei Lumi francesi, il cui Discorso preliminare è scritto da d’Alembert. Vi si legge:
Un tribunale – che diventò potentissimo nel mezzogiorno dell’Europa, nelle Indie, nel Nuovo Mondo – condannò un celebre astronomo, colpevole di aver sostenuto che la Terra si muove, e lo dichiarò eretico; all’incirca come il papa Zaccaria qualche secolo prima aveva condannato un vescovo perché non condivideva l’opinione di Sant’Agostino circa gli antipodi, e aveva intuito la loro reale esistenza seicento anni prima che Cristoforo Colombo li scoprisse. In questo modo l’abuso dell’autorità spirituale, congiunta a quella temporale, obbligava la ragione al silenzio, e poco mancò che si negasse al genere umano il diritto di pensare.
Siamo all’inizio della Encyclopédie e tutto è italiano: Galileo, Colombo, i vescovi e i papi, perfino il santo naturalizzato. C’è un peso della storia che grava sulla Nazione. Il suo passato è sempre il suo futuro, ha tradotto l’impero in una forma di primato della scoperta e ha fondato l’idea stessa di immaginario moderno.
Chi dorme sulla collina sono i morti, che enunciano le arti e i mestieri praticati in vita, gli esempi della commedia umana eletti a emblemi della tragedia collettiva.
Non sarà però un caso che la prima «voce» di questo coro non sia umana: a parlare è la Bomba di Piazza Fontana. È uno degli innumerevoli inizi italiani e a cantarlo è un ordigno capace di segnare l’immaginario di quell’Italia che possiamo in modo equivoco definire «contemporanea»: là dove accade sempre tutto in contemporanea.
Anni plumbei, anni mirabili, anni di schermi televisivi accesi e di fari spenti nella notte, anni di pop e di partiti popolari, con le inevitabili afferenze di mafie, logge, piovre, rivoluzioni mancate, riforme promesse e promesse rimandate, cronache nere e cronache rosa, un partigiano come presidente e presidenti campioni di partigianeria. Si potrebbe andare avanti all’infinito, iniziando dal 1969 e arrivando a oggi.
Questa enciclopedia collettiva e letteraria evita proprio di andare avanti all’infinito.
Sceglie le voci dei propri poetici fantasmi e li fa parlare in prima persona, singolare e plurale, guidando chi legge in una stupefazione che non può non dare le vertigini, come appunto fa l’autentica narrazione di storie, sempre e ovunque.
È significativo che la composizione e la pubblicazione di un simile compendio di storia e immaginario avvenga in un tempo come il presente, in cui sembra affievolirsi la memoria e i liceali stentano a ricordare chi fossero Aldo Moro o Enrico Berlinguer (due tra le migliaia di personaggi che affollano la scena di quest’opera). L’avvento di quelle «reti», che in Italia si chiamavano «cibernetiche» nel 1970 e «social» nel 2014, ha condotto a una sorprendente esportazione della memoria, fuori da tutti noi. Il progressivo imporsi dell’onnipresenza di Wikipedia, al pari della pervasività di tutto il Web, sembra avere ottenuto un duplice effetto. Da un lato esiste una deresponsabilizzazione della memoria, con tutto ciò che questo comporta. Si va a cercare fuori di sé il ricordo: nomi, date, identità – ovunque i database e i motori di ricerca hanno preso il sopravvento. E, d’altro canto, insieme all’esplosione di saperi e di memorie istantaneamente raggiungibili con una ricerca su smartphone o pc, ha presentato il conto una certa poesia di cui la memoria collettiva è sempre stata costituita.
Una bellezza liberatoria o consolatoria o esplorativa governa la scelta, il percorso, l’elezione che si compiono ricordando. Qui interviene lo scrittore, che è un filosofo e un giornalista, come in effetti è, appunto, Giacomo Di Girolamo, eroico estensore di questa enciclopedia italiana sterminata ed epica, lirica e folta di dati. Sembrerebbe l’impronta di una mente, impressa su pagine di carta. E lo è, ma non si riesce a distinguere dove quella mente sia individuale (dell’autore) o collettiva (di tutti noi). È un atto di precisa poetica che ha fatto sì di depositare le moltissime note di quest’opus magnum in Rete e non su carta. Poiché la ricognizione, per quanto letteraria, è rigorosa e precisa, esistono gli apparati.
Ci siamo abituati a leggere uno degli infiniti atti fondativi dell’Italia, cioè la Commedia dantesca, con il testo che corre sopra uno sproposito di notazioni. Tuttavia il poema di Dante rimane appunto un poema e come tale lo si può leggere, prescindendo dalle note. In un tempo dei saperi diffusi e condivisi, l’opera rimane il testo dell’autore, che è sempre chiarissimo e definisce gli eventi e i personaggi, mentre le informazioni di base sono stabilmente reperibili fuori, in Rete.
I migliori morti della nostra vita parlano qui in qualità di spettri, come in tutta la letteratura. E parlano da fantasmi, come in tutte le occasioni di unità nazionale, il cui apice è forse televisivo, per quanto riguarda l’arco temporale che occupa questo cantico delle creature italiane. Si tratta di Alfredino, un primato esclusivamente italico: la morte per la prima volta trasmessa in diretta su piccolo schermo e, incredibilmente, non fatta vedere, consumata in un buco.
Quel buco compare senza soluzione di continuità nella vicenda italiana: nella Banca nazionale dell’agricoltura in piazza Fontana lo si vede inghiottire cose e persone nel luogo preciso della detonazione; il pozzo artesiano di Vermicino è un foro intorno a cui si muove tremulo il presidente; il «buco» del Banco ambrosiano o di Parmalat fa sparire le sostanze e le sicurezze degli azionisti, in una misura eccessiva, mai raggiunta nella storia internazionale. Foro di pallottola, conca oscura del dopobomba, vuoto del tubo catodico – l’Italia accade storicamente e poeticamente come fossa scoperta, come traforo e miniera, come buco nero che inghiotte la luce della ragionevolezza. Del resto, all’Italia appartiene la maternità della Bomba per eccellenza: fu Enrico Fermi a procurarne la matrice atomica.
Questa è un’opera indefinibile: è una caratteristica, da sempre, di tutte le opere autentiche.
Tra enciclopedia e romanzo (criminale o epico) si dà una via di mezzo: potremmo dire: è l’antologia. Eppure nemmeno il genere antologico riesce a dare conto di un immaginario ordinato e impazzito come il nostro. Il fiore della fantasia italiana si presenta qui attraverso un intreccio di voci, di motivetti, di slogan politici e pubblicitari, di frasi tratte da canzoni o intercettazioni. L’Italia, paese via via bel, senza, normale, vecchio, corrotto, per essere illustrato esige operazioni al tempo stesso coraggiose e caute.
Una nazione capace di assassinare un proprio poeta si merita la sua condanna in forma di assoluzione, proprio il canone che portò Pasolini a definire l’Italia «un equilibrio caotico». Tentiamo allora una definizione. «Equilibro caotico»: può essere una delle tante formule per descrivere l’opera che tenete in mano.
Andrea Gentile

 

Tratto da  “Dormono sulla Collina” di Giacomo Di Girolamo - Il Saggiatore 2014

Sorelle d’Italia – Piazza Fontana, Milano

12 DICEMBRE 1969

Dov’è Pietro che vende bestiame? E Carlo, il nonno di Elisabetta?
Dov’è Luigi: cerca ancora i suoi clienti? E Paolo, che non ce la faceva a riposare? Dov’è Angelo, padre di undici figli?
Dove sono Giovanni, Attilio, Gerolamo?
Il gestore del cinema, il macellaio, l’agricoltore.
Cercateli, cercateli in piazza Fontana.
Sono entrati in una banca, sono usciti a pezzi.
In un tappeto di vetri rotti.
Noi bombe siamo la grammatica della storia patria: Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus eccetera, eccetera, eccetera… come recitava Gaber.
E io sono, in tutti i sensi, la sorella maggiore.
L’inizio di una strategia.
Il peso di una verità negata che lo Stato italiano ancora oggi porta dentro di sé.
Ore 16 e 37. Banca nazionale dell’agricoltura. Diciassette vittime, ottantotto feriti.
In televisione, a Canzonissima, Massimo Ranieri canta «Se bruciasse la città».
Mancano dodici giorni a Natale.
Ricordatemi come volete: la bomba contro il popolo, luna rossa d’odio, il giorno dell’innocenza perduta, primo rintocco di campana.
Io sono l’erezione cutanea nella grigia nebbia padana che ha sfregiato il viso bello del Paese.
Ma chi non ha avuto la sua inquietudine adolescenziale?
C’è sempre un momento in cui bruci tutti i ricordi del tuo passato, tutte le bambole con cui dormivi.
Lo cantavano pure i Pooh alla loro «Piccola Katy». Canzone, non a caso, del 1968.
Io sono quel momento.
Così fragorosa, così evidente da rendere stucchevole ogni tentativo di cercare una scusa.
Così allarmante da procurare – negli anni a venire – un silenzio profondo.
Un silenzio che è la fine del mondo.

Chiudi pian piano e ritorna a dormire
nessuno nel mondo ti deve sentire…
Ciao ciao, piccola Katy.

domenica 28 settembre 2014

"La storia di quel cieco che ha sognato un colore, e cercava di spiegarlo a un altro cieco a parole…"

ORFEO 9 - Tito Schipa Jr.

Tito Schipa Jr. è il figlio del grande tenore Tito Schipa ed esordisce giovanissimo come assistente alla regia di Giorgio De Lullo, Giancarlo Menotti, Luigi Squarzina, Lina Wertmuller. Nel 1967 realizza per il Piper Club di Roma la prima “opera beat” del mondo, ‘Then An Alley’.
A cavallo tra gli anni 1968/1970, anni che segnano una grande rivoluzione culturale, Tito Schipa Jr. realizza, tra mille difficoltà, Orfeo 9, la prima opera opera rock italiana e la prima mai rappresentata al mondo, a tutti gli effetti un melodramma, che ha per vero protagonista assoluto un illusionista prodigioso, che col suo gioco preciso ti inganna e ti tiene distratto dalla più sublime delle visioni possibili: la realtà’.
Girato per il settore sperimentale della RAI nel 1973, il film di ORFEO 9 fu censurato e boicottato pesantemente da alcune correnti della dirigenza di allora (si presume per il fatto che si vedesse l’immagine di una siringa!!!), vedendo la luce della programmazione solo nel 1975, e molto in sordina. Da allora, e a dispetto di ciò, quest’opera è da un lato uno dei prodotti di spettacolo musicale più amato dal pubblico, dall’altro uno degli esempi più clamorosi di emarginazione e trascuratezza da parte delle strutture ufficiali e dei media, cui ha potuto reagire grazie al sostegno costante dei conoscitori e, ultimamente, alle risorse di internet, fino al riscatto definitivo della presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia del 6 settembre 2008 (dieci minuti di standing ovation furono la splendida reazione del pubblico di Venezia al termine della proiezione di Orfeo 9 in Sala Grande come evento conclusivo della 65ma Mostra del Cinema, 35 anni dopo la sua realizzazione!!)
Contestualmente, a sancire il successo dell’opera e dell’idea di Tito Schipa Jr., dobbiamo evidenziare che il doppio album del 1973 detiene oggi un record assoluto nella discografia: quello di essere l’unico ‘doppio’ italiano che per trent’anni non ha mai cessato di vendere e non è mai uscito di catalogo nemmeno per un giorno, giungendo, al momento attuale, a nove edizioni diverse tra LP, Musicassette e CD.
La stampa specializzata l’ha recentemente classificato fra i 100 eventi fondamentali del Rock italiano. 



Orfeo 9. La storia in breve -

Tito Schipa Jr.Orfeo è un ragazzo come tanti che vive in una comunità di ragazzi simili a lui rifugiati nelle rovine di una antica cattedrale, ma mentre il resto del gruppo pare felice e appagato, a lui riesce molto
 difficile sentirsi parte di ciò che lo circonda.
C’è solo un ragazzo, incaricato dei rifornimenti dalla grande metropoli, che fantastica di una città sognata, ben diversa da quella che i ragazzi conoscono e disprezzano. 
Con lui Orfeo pare avere un minimo di condivisione, qualche confidenza. 
Un giorno incontra una ragazza, Euridice, e l’incontro gli procura comprensione, appagamento, gioia, e nella gioia la sensazione di esser parte armoniosa del proprio mondo. 
Alla festa di matrimonio tra Orfeo e Euridice arriva un ciarlatano molto abile ed efficace. Con un trucco raffinato riesce a rifilargli un pacco devastante. Semplicemente gli sistema meglio in mano il bene che aveva già, con un particolare in più però, piccolo ma fatale: la convinzione che a procurarglielo sia stato lui. E con lui, quando se ne va, Euridice sparisce.
Da quel momento il ragazzo non sarà più in grado di assorbire la propria linfa vitale dal presente che lo circonda. Dovrà necessariamente rapportare tutto a quel copyright che il Venditore ha imposto sul suo momento felice, preferirà quell’istantanea fissata per sempre ai molti momenti di felicità reale che gli si presenteranno in seguito. 

Accecato, legato per i polsi a quell’imprinting perverso, partirà alla ricerca di una ragazza, di un’immagine, di un modello che nel proprio presente non trova più, falsamente convinto di aver perduto tutto. E cercherà disperatamente chi – o cosa – gliel’ha procurato, trascurando ogni possibile nuova realtà. Sul cammino ognuno dei suoi incontri gli offrirà invano la propria felicità del momento, compreso il ragazzo del pane, ora nella sua “città sognata” più vera del vero. Orfeo rifiuta, per inseguire il suo pezzo di passato.
Alla fine verrà esplicitamente avvertito da chi ben s’intende di sofferenza:
“Se vuoi mantenere il tuo equilibrio e la tua armonia adagiati sul tuo momento attuale, riempiti di ciò che hai, di ciò che sei e di ciò che è, non chiedere un’intercessione a nessuna sostanza e a nessuna persona, non paragonare il tuo presente, per quanto difficile, a nessun ricordo, per quanto paradisiaco, né a nessun futuro, che ne è solo l’immagine riflessa. Non voltarti indietro.
L’unica verità – e con essa l’unica possibile gioia – è molto vicina, è da qualche parte qui e ora. Il resto è solo il fantasmagorico spettacolo della nostra nevrosi, la tormentosa differenza che ci fa uomini, quella che ci fa grandi e che ci perde”.
Orfeo non capirà. E poi capire soltanto non basta. Ma non è a lui che raccontiamo la storia. A chi ci ascolta (e anche a chi legge), sì, perché la sua Euridice non è perduta.


Molti gli interpreti che in seguito conobbero il successo: da ricordare Loredana Bertè, che interpreta una delle due narratrici, e Renato Zero (grandioso nella parte)  che impersona il venditore di felicità (cioè lo spacciatore). Tra i musicisti che suonano nell'album è da segnalare un giovanissimo Tullio De Piscopo alla batteria.

Titolo originale: Orfeo 9
Anno: 1970
Genere: Musical
Regia: Tito Schipa Jr.
Produzione: Eidoscope di Mario Orfini e Emilio Bolles e da Mount Street Film di Ettore Rosbok per i Programmi Sperimentali della RAI

Cast: Loredana Bertè, Penny Brown, Marco Piacente – Narratori
Tito Schipa Jr. – Orfeo
Edoardo Nevola – Vivandiere
Eva Axen – Euridice
Renato Zero – Venditore di Felicità
Chrystel Dane e Roberto Bonanni – Autostoppisti
Monica Miguel – Chiromante
Ron Mardenbro – Blues-Singer
inoltre (nel film):
Freddy Abbass, Peter Deno, Giovanna Di Bernardo, Paolo Granata, Aldina Martano, Danilo Moroni, Giovanni Rosselli, Eleonora “Rori” Zani
inoltre (nel disco):
Gisella Fusi
Mara Marzarotto
Giovanni Ullu canta in L’alba
Santino Rocchetti canta in Vieni sole
Dino Comolli è la voce del “cittadino” in La città fatta a inferno
Ronnie Jones è la voce del blues-singer in Una vecchia favola
Ann Collin è la voce “vocalizzante” in Eccotela qui (ripresa)
Bill Conti & Joel Van Droogenbroeck interpretano sè stessi


Qui potete trovare il film






Qui trovate il disco



Qui trovate il sito ufficiale dello spettacolo


Ed infine qui il sito di Tito



P.S. Personalmente ho avuto la fortuna (nel lontano 1975) di vedere il film sulla RAI  per puro caso (venne trasmesso in seconda serata di mercoledì). Quando sono riuscito a trovare il disco (e soprattutto i denari per l'acquisto essendo un doppio LP) l'ho praticamente "consumato" dagli ascolti (considerando anche che l'ascolto era delegato al mitico giradischi di "Selezione") e ancora oggi lo trovo attualissimo sia nei testi che e soprattutto nelle musiche. ("La città fatta a inferno" su tutto)

Ciao


mercoledì 17 settembre 2014

GRAND MOTHERS RE:INVENTED

Un regalino

Zappofili e non quello che propongo oggi è una vera chicca.

“The grand Mothers re:invented” Live at Spiaggia Maiben – Bussana al mare – Sanremo - 27 agosto 2009

GRAND MOTHERS RE:INVENTED "La mitica band di Frank Zappa" Tra il 1964 ed il 1974 si chiamavano "Mothers of Invention" ed erano la rivoluzionaria band diretta da Frank Zappa. Oggi, un po' invecchiati, ma con immutato talento si sono ribattezzati "The Grande Mothers (Re-Invented)" ovvero le nonne re-inventate! I Grandmothers una delle più grandi band della West Coast. L'unica band nell'universo in grado di eseguire con lo stesso talento il repertorio di Frank Zappa, estratto sia dal primo periodo degli anni '60 della band e dalla produzione della metà degli anni '70 ripropone fedelmente un sound che è diventato unico e assolutamente stupefacente. Il gruppo originale con l'inserimento di 2 elementi non proprio 60's ad 11 anni di distanza dalla scomparsa di Frank Zappa si diverte a rielaborare , comporre e scomporre brani come "Montana", "Uncle Meat", "Florentine Pogen", "the idiot bastard son", "Big Swifty", " e tantissimi altri per uno spettacolo zappiano senza uguali che coinvolge il pubblico lasciando tutti a bocca aperta. Roy Estrada, Don Preston e Napoleon Murphy Brock (Grammy Award per la sua performance con Zappa plays Zappa) ci accompagneranno a visitare uno degli angoli più belli e creativi della musica moderna con lo spirito di Frank Zappa sempre accanto. Completano il gruppo due eccellenti musicisti: Robbie Seahag Mangano , chitarra, voce e Chris Garcia, batteria, percussioni, voce. 
 (http://www.united-mutations.com/g/grandmothersreinvented.htm)



Agosto 2009 il mitico gruppo di Frank Zappa live e soprattutto al di fuori da tour e vincoli contrattuali.

I musicisti reduci dallo "Zappanale" svoltosi a Bad Doberan in Germania si trovano in vacanza presso dei loro amici in quel di Bussana Vecchia (Un villaggio artistico sorto sulle rovine di un borgo medioevale abbandonato, posto su una collina alle spalle di Sanremo …Nel 1887 un violento terremoto colpì l’entroterra sanremese danneggiando gravemente Bussana Vecchia. Il paese venne abbandonato. Il borgo da allora non fu più abitato, sino all’insediamento della comunità di artisti, iniziato a partire dagli anni Sessanta, il paese è stato riportato alla vita da artisti provenienti da tutto il mondo, che vi hanno lavorato e tuttora vi svolgono la loro attività..........da www.bussanavecchia.it)

GMR a Bussana Vecchia
Allarme rosso!!!!! Gli amici del Club de Musique riescono a contattarli e a proporre loro di esibirsi.  I musicisti accettano. Presso la spiaggia “Maiben” quell'estate venivano organizzati concerti live. Quale migliore opportunità?
Detto fatto grazie alla disponibilità dei gestori della spiaggia e di musicisti locali che forniscono il service..................... “fuoco alle micce”

Non mi voglio dilungare oltre e vi lascio all'ascolto di questo evento che grazie al tam-tam degli amanti della musica del “genio di Baltimora” ci permise di assistere ad un evento storico per la nostra realtà di provincia.
Ancora una cosa: il concerto fu  "gratuito".

Buon ascolto.


“The grand Mothers re:invented” Live at Spiaggia Maiben – 27 agosto 2009 – Bussana al mare – Sanremo

Don Preston: keyboards & vocals
Roy Estrada: bass, vocals, falsetto
Napoleon Murphy Brock: vocals, sax, flute & dancing
Chris Garcia: drums, percussion & vocals
Robbie 'Seahag' Mangano: guitars & vocals

01 - Let's Make The Water Turn Black
02 - Evelyn, A Modified Dog
03 - Oh No
04 - Stormy Monday
05 - Andy
06 - Call Any Vegetable
07 - Hungry Freaks Daddy
08 - Montana
09 - Village Of The Sun
10 - In The Sky
11 - Peaches In Regalia
12 - Lonely Little Girl
13 - Take Your Clothes Off When You Dance
14 - Debra Kadabra
15 - I'm The Slim
16 - San Ber'dino
17 - Sofa No.2
18 - Dummy Up
19 - Mother People